Sentenza: la “Terni” può licenziare chi vuole

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L’11 Settembre 1907

la Corte d’appello di Roma stabilì che la “Società Terni” aveva pieno “diritto di licenziare gli impiegati” senza dover fornire spiegazioni e che essi non potevano in alcun modo opporsi alla decisione della direzione.
La sentenza riguardava in particolare il caso di un impiegato della “Terni”, il signor Capuana, il quale aveva chiamato in giudizio la Società che, appunto, lo aveva cancellato dall’elenco dei suoi dipendenti. Il ricorso si basava sul principio – così sosteneva Capuana – secondo cui “gli impiegati della Società Terni hanno diritto all’inamovibilità nel senso che la Società non può licenziarli a proprio piacere”. La tesi fu accolta dal Tribunale di Roma, il quale stabilì, in prima istanza, che essa andava accolta perché giustificata dall’importanza della Società, dal fatto che il dipendente era di ruolo e in pianta stabile, dalla Cassa di Previdenza cui egli era regolarmente iscritto. Capuana fu quindi reintegrato in servizio dal Tribunale ma la “Terni” presentò ricordo in Appello. E la Corte di Appello di Roma revocò la decisione del Tribunale dichiarando che “la Società ha diritto di licenziare gli impiegati, salvo un’indennità di due anni di stipendio, indennità che, nel caso in questione, aveva la Società già offerto”.
E l’ex impiegato della Terni Capuana dovette cercarsi un altro lavoro. E pagare l’avvocato.

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