Quel che è crollato, provocando la voragine che si è aperta sabato mattina 8 ottobre 2016 in piazza Valnerina (così tutti chiamano quella che ufficialmente è piazza Buozzi) a Terni, è la volta con cui, nei primi anni del Novecento, si procedette alla copertura del fosso della Bardesca il quale da quel momento diventò “ufficialmente” una fognatura, dopo aver ricoperto per qualche secolo il ruolo ben più importante di “componente” della rete di canali con la quale si assicurava l’energia motrice alle fabbriche cittadine. Il fosso della Bardesca, infatti, è una diramazione del Canale Cervino che nei pressi della Cascata della Marmore captava le acque per condurle nel centro abitato. Funzionava così fin dal medio evo, tanto è vero che, riferisce Elia Rossi Passavanti nel suo “Terni nell’età moderna”, già nel XVI ci furono vari interventi del governo cittadino atti ad assicurare il mantenimento in esercizio del canale Cervino e delle sue diramazioni. Era o non era, Terni, la città tra due fiumi e quindi circondata da corsi d’acqua? Il Serra, che in tempi più antichi lambiva tutta la parte nord ovest della città per gettarsi nel Nera a valle di Ponte Romano, era ormai deviato e affluiva al fiume ad est della cinta muraria. Il Cervino ne aveva in qualche modo ereditato la funzione. E, appunto riforniva di acqua parte del centro cittadino. Nel descrivere la Terni dei suoi anni, Giacomo Lauro scriveva nel 1637 che la “Città hoggi solamente ridotta con cinque Porte aperto nel cinto di due mila case habitate da quasi dieci mila anime, di giunta più tosto lunga, che larga,.. tenendo (per cosi’ dire) un’ampio (sic) lago entro le viscere nascosto, non vi essendo casa, che d’acque vive , e sorgenti freschissime non abbondi”.
Lago o non lago la rete di derivazione dei canali (fossi, forme e formette) era piuttosto fitta. Il fosso della Bardesca era appunto una di questi derivazioni, una delle principali ed assciurava – tra l’altro – l’energia per far andare diverse mole lungo il suo percorso, la principale delle quali era quella che si trovava a Porta Spoletina. Da lì il fosso scendeva in quella che è nota come via della Bardesca, per deviare a sinistra di novanta gradi in via di Porta San Giovanni e tornare a gettarsi nel Serra.
Quando mole e conce cominciarono a sparire, a seguito della grande industrializzazione cittadina della seconda metà dell’Ottocento, la fine di molti di questi canali fu di essere coperti e ritrovarsi “sviliti a fognatura”.
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