Monza 1933, una chiazza d’olio e per Borzacchini fu la fine

Le auto di Campari e Borzacchini (n.26) dopo l'incidente che costò la vita ad entrambi
Le auto di Campari e Borzacchini (n.26) dopo l’incidente che costò la vita ad entrambi

Era nervoso Giuseppe Campari mentre aspettava di salire in macchina. Il cielo era plumbeo, minacciava il diluvio. E poi c’era tutto quell’olio

borzacchini

su una delle curve sopraelevate di Monza. Mario Umberto Borzacchini, con cui stava chiacchierando, gli rispose con un’alzata di spalle. Era il 10 settembre 1933. Pochi minuti dopo Campari e Borzacchini sarebbero morti proprio in quella curva.
Più di ottant’anni sono passati. Borzacchini, il ternano stella dell’automobilismo, nato Baconin per scelta del padre e del nonno entrambi anarchici, diventato Mario Umberto in ossequio al regime e alla monarchia, aveva già vinto una Mille Miglia, era arrivato più volte secondo alla Targa Florio, s’era aggiudicato il gran premio di Tripoli, la Coppa dell’Etna e il Gran Premio Roma. Prima di passare alla scuderia Ferrari aveva stabilito con una Maserati il record di velocità (più di 247 orari), ed aveva fatto una puntatina, non molto fortunata in verità, ad Indianapolis.
Il Gran Premio d’Italia s’era disputato al mattino. Borzacchini e Campari erano iscritti al Gran Premio di Monza che si correva nel pomeriggio. Una gara spettacolare, con le auto spinte alla massima velocità. Tre batterie poi la finale.

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Alle 2 scattò la prima batteria: Carlo Felice Trossi, un “gentleman driver”, collaudava una Duesenberg, vettura americana, che si ruppe inondando d’olio la pista. Gli addetti cercarono di porre inutilmente rimedio al problema con una scopa ed un secchio di segatura. Alle 15, Campari e Borzacchini partivano appaiati nella seconda batteria. Imboccarono affiancati la prima curva e sparirono alla vista, seguiti dalle altre cinque vetture. Alla fine del primo giro, davanti ai box, passarono solo tre concorrenti. Terza era Helle Nice, una gentile signorina che indossava tuta di cotone e caschetto di pelle dello stesso colore azzurro cielo della sua Bugatti. La tragedia era già avvenuta: Campari con la Maserati e Borzacchini con l’Alfa Romeo erano usciti di strada insieme ad altre due macchine i cui piloti, Barbieri e Castelbarco, erano illesi. Ma Campari era morto sul colpo, Borzacchini in gravissime condizioni. Morì mezz’ora dopo all’ospedale.La gara continuò normalmente anche dopo che ci fu, nel corso della finale, una terza vittima, il pilota polacco Czaikowski.
Il funerale di Campari e Borzacchini si celebrò a Milano, in Duomo. Poi il feretro di Baconin fu trasportato a Terni per ricevere l’estremo saluto dei suoi concittadini.

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