
Venerdì 18 novembre alle ore 16, nella sala della biblioteca del CLT in via Muratori il Garden Club Terni ha organizzato un convegno e alcune iniziative per per ricordare Gian Lupo Osti a dieci anni dalla sua scomparsa. Al convegno, intitolato “Acciaio e peonie”, patrocinato dal Comune di Terni, insieme a Raffaella Mariotti, Annibale Osti, Ranieri Ruggero di Sorbello, Emanuele Coppola, Sofia Varoli Piazza, Maury Dattilo, Pierluca Neri, interverrà anche l’assessore all’ambiente e vicesindaco Benedetta Salvati.
Alle ore 15 per onorare Gian Lupo Osti verranno messe a dimora nel Parco Botanico del CLT alcuni esemplari di peonie che portano il suo nome arricchendo la biodiversità e il percorso divulgativo esistente nel Parco stesso.
Alle ore 16 inizierà il convegno.
Per motivi organizzativi è necessaria la prenotazione telefonando o mandando un WhatsApp al n. 3285743570.

Vent’anni insistette, Gian Lupo Osti, per ottenere i permessi ed andare in Cina a cercare peonie. Una tenacia aggiunta ad una passione che nel mondo era di pochi. In Cina, poi, ci fu da combattere per il pass per raggiungere aree delicate, ai confini col Vietnam e il Tibet, e per superare la concorrenza di inglesi e giapponesi accattivandosi la gente del posto. Questo già basterebbe per capire qualcosa su chi fu Gian Lupo Osti, a cavallo degli anni ’70 del secolo scorso, direttore generale e amministratore delegato della “Terni”.
Un uomo dal carattere spigoloso, convinto delle proprie idee. E allo stesso tempo capace di una sensibilità culturale che lo rendeva, tra l’altro, consapevole della delicatezza del ruolo del affrontare senza mai perdere di vista la correttezza, l’etica, il proposito di gestire l’impresa tenendo conto,sì, delle esigenze del mercato, ma senza dimenticare che lo stato imprenditore agisce rispettando il territorio che ospita la fabbrica e chi in essa lavora. «Bisogna unire il meglio dei due mondi oggi in conflitto: il capitalismo e il socialismo », sosteneva Osti nei confronti col presidente della Finsider, Oscar Sinigaglia.
L’ingegnere aveva grande stima e considerazione di quel “ragazzone”, alto un metro e novanta:ne fece il più giovane dirigente dell’Iri, gli affidò l’appena costituito braccio statunitense della Finsider; e lo presentava come il suo successore.Erano gli anni della ricostruzione, del piano Marshall, opportunità che Osti, divenuto direttore generale dell’Italsider, sostenne con convinzione, nel combattere al fianco di Sinigaglia la battaglia del rilancio della siderurgia italiana. Episodi ricordati in un incontro su “La Terni di ieri e di oggi. Riflessioni sull’esperienza di Gian Lupo Osti” che ebbe luogo a Terni una decina di anni fa.
Alla “Terni” Osti arrivò nel febbraio 1965, portando un’aria nuova: quella che poteva portare solo un uomo di grande carisma, dalle convinzioni socialiste e, insieme, liberali. «Diceva _ ricordò Stefano Zara, che fu uno dei massimi dirigenti nella “Terni” di Osti _ che si sentiva più liberale quando si confrontava coi socialisti e più socialista coi liberali».
Fu Osti, appena insediatosi ai vertivci della “Terni” che volle una bonfica ambientale almeno in fabbrica: fu Osti a decidere la distruzione di ben cinquemila dossier sui dipendenti. Nuovo clima in fabbrica, ma anche fuori, nei rapporti con la città. Fu ancora Osti a promuovere iniziative finalizzate ad accrescere la sensibilità culturale diffusa, aggiungendo – si potrebbe dire – un “reparto” che produceva cultura invece che acciaio.
Le sue energue erano comunque destinate in massima parte alla produzione, lo sviluppo, il lavoro, con scelte coraggiose e a quei tempi lungimiranti, come quella di puntare sull’elettronucleare. Quel che serviva erano impianti moderni, investimenti, ed un ruolo più forte della “Terni” nel calderone delle Partecipazioni Statali. Un’idea che non piacque per niente al sistema politico–partitico: la Dc e gli stessi socialisti.
Fu una battagia persa. Osti fu sollevato in contemporanea col presidente della Terni di allora Terenzio Malvetani. Si ritirò senza polemiche, e si dedicò alle sue peonie, e al giardino sul lago di Bolsena.