
“Sii dolce e interessante” ma anche “Sii bella, fresca, sorridente” e ancora “Sii silenziosa”. Sono solo alcuni dei consigli suggeriti alle donne, in Spagna, tra gli anni ’30 e ’70 del ‘900, recuperati da un reale decalogo che ha ispirato la pièce “La moglie perfetta”.
Il monologo, scritto e interpretato da Giulia Trippetta, monteleonese d’origine con forti legami per il suo territorio, che come attrice professionista – già allieva di Anna Marchesini – andrà in scena dall’8 al 13 novembre al Teatro Basilica di Roma.
Uno spettacolo – prodotto da Fattore K – ironico, comico ma profondamente amaro, che si pone al di là di ogni parte ma che tocca temi come la maternità, l’emancipazione sessuale e la politica di rieducazione delle donne, che riapre questioni mai dimenticate e, senza voler dare risposte definitive, continua a porre domande. Alcune delle regole del decalogo originale, evidentemente scritte dagli uomini per le donne, ad orecchie moderne possono suonare ridicole. Altre, probabilmente, sono state introiettate nel corso degli anni. Altre ancora manifestano tutta la loro modernità.
In fase di stesura del testo, Giulia Trippetta ha intervistato sull’argomento donne tra i 30/40 anni e tra i 50/60 anni parlando di condizione femminile, rivoluzione femminista e soprattutto di possibilità e libertà di scelta. Quanto è difficile coniugare vita privata e sfera lavorativa? Aspettative della società e reali aspirazioni? Di fronte a temi così complessi è l’ironia che consente una riflessione più consapevole.
“Ci sarà una vera parità di genere – afferma l’attrice e regista – quando si affronterà la questione non riferendoci agli uomini o alle donne, ma alle persone e non in termini di uguaglianza, ma di diversità. Le donne sono diverse dagli uomini, ma devono essere messe in condizione di avere le stesse opportunità. Questo è un tema a me caro, che ritorna nella mia creazione artistica e che, anche questa volta, affronterò in chiave ironica. L’ironia a volte permette una maggiore libertà di espressione e regala spunti di riflessione che, una volta finito lo spettacolo, ognuno porta via con sé”.
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