
Si allo stadio no alla clinica. Per ora. La procedura diventa più complicata, ma lo era già per la verità. Le norme che regolano la materia non sono nuovissime, e – certo – il bim bum bam sarebbe più comodo, ma le procedure vanno rispettate. Il responso della conferenza dei servizi sulla proposta avallata dal Comune di Terni Stadio Liberati-clinica privata convenzionata è questo. Secondo la Regione Umbria corroborata dal parere del professore di Diritto Costituzionale Renato Balduzzi – è giuridamente impossibile “procedere, relativamente alla tipologia di percorso unico che era stato avanzato dal proponente privato e recepito dal Comune di Terni”.
La disciplina legislativa vigente, infatti, distingue nella richiesta avanzata quattro specie di attività: la costruzione di una struttura sanitaria, l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio stesso. Per ognuna di queste è prevista una apposita procedura, vale a dire: l’autorizzazione alla realizzazione, l’autorizzazione all’esercizio, l’accreditamento istituzionale, l’accordo contrattuale. Per tale motivo si è rilevata l’impossibilità di pervenire all’approvazione integrale, per quanto attiene alle competenze dell’ente Regione, del progetto così come presentato dal proponente.
Quattro autorizzazioni diverse, servono qundi, per la clinica. La prima, quella relativa alla costruzione, può essere concessa dal Comune di Terni che si è pronunciato favorevolmente già in sede di conferenza dei servizi, ma poi quel permesso “dovrà acquisire il parere da parte della Regione che si esprimerà sulla base dei fabbisogni della specifica localizzazione territoriale in cui si intende realizzare la struttura, con l’obiettivo di garantire un’omogenea distribuzione dell’offerta sanitaria”. Una volta stabilito che esistano tutte le autorizzazioni per la costruzione, occorre l’autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria, che non può essere valutata sulla base di una documentazione progettuale, né per il procedimento di accreditamento, che fonde insieme una valutazione politico-amministrativa con una valutazione di discrezionalità tecnica. Non può essere il Comune quindi a dare l’autorizzazione.
Per parte sua la Regione Umbria sostiene che “Rimane impregiudicato, da parte della Regione, la possibilità di assenso a prevedere la sola realizzazione della clinica, ma nell’ambito di una nuova programmazione sanitaria, mentre la previsione delle tre fasi successive saranno oggetto di valutazione da parte degli organi a ciò deputati mano a mano che il richiedente realizzerà quanto richiesto, in un’ottica di equilibrio territoriale che punti sui migliori livelli di complementarità, come da volontà già espressa recentemente e che sarà formalizzato appena possibile in una apposito atto”.
In sostanza: una struttura sanitaria nuova deve integrarsi nel quadro generale della programmazione sanitaria regionale. In merito si specifica che “il governo regionale intende effettuare una ricognizione generale dei bisogni di salute e mobilità passiva e con essa rivedere le convenzioni in essere al fine di fornire servizi di qualità evitando l’emorragia di utenti verso le strutture extra regionali territorialmente limitrofe. In tal senso come detto, verrà intrapreso un percorso tecnico amministrativo entro tempi ragionevolmente brevi”.