
Le “bollette”? Cifre da capogiro, solo immaginabili e con chissà quanti zero. Le Acciaierie di Terni di fronte ai rincari esponenziali dell’energia hanno, naturalmente, la necessità di riflettere,
considerare e – soprattutto – dovrebbero essere in grado di prevedere quel che accadrà oggi per domani, da qui ad una setimana o un mese. Non a caso il presidente dell’Ast, Giovanni Arvedi,
ha comunicato che sarà necessario contenere i livelli di produzione attraverso un prolungamento delle fermate estive programmate per il mese di agosto. Dopo che a nel mese di luglio si era invece dovuto ere il contrario, diminuendo – cioè – le fermate già stabilite.
Il fatto è che le acciaierie di Terni hanno naturalmente la necessità di impiegare una enorme quantità di energia: per produrre una tonnellata di acciaio fuso si utilizzano 1.044 chilowatt/ore di elettricità; l’equivalente di 1.600 kwh di Gpl, e di 3.400 kwh di metano. Basta moltiplicare il prezzo dei prodotti energetici riferiti per un milione – tange sono più o meno le tonnellate di acciaio fuso prodotto in un anno all’Ast – e si ottiene il totale della spesa.
Va da sé che, data la scala di grandezza, ogni euro di variazione del costo unitario dell’energia si riverberi in maniera consistente sui conti, sulla determinazione dei costi di produzione e quindi sul prezzo finale di vendita di acciaio inossidabile che costava, prima dell’ultima buriana, oltre mille euro la tonnellata mentre al momento nessuno si azzarda a fissare quotazioni.
Il clima è di grande incertezza, quindi. “La congiuntura attuale, a livello internazionale – ha affermato il presidente Arvedi – è preoccupante anche per noi. Ma ci siamo attrezzati tutti insieme per affrontarla al meglio. E con il grande spirito di squadra che contraddistingue l’Acciaieria ternana sono certo che alla fine usciremo da questa situazione. E’ bene che il governo intervenga sul problema del caro energia e dell’approvvigionamento delle materie prime. Occorre fermare – ha sostenuto – le attuali speculazioni su tariffe che si aggirano sui 900 euro al Kwh e gravano anche sui nostri operai. Il costo dell’energia è eccessivo. Dobbiamo invertire la tendenza al più presto”.
Sono parole pronunciate pochi giorni fa, quando a Giovanni Arvedi è stato consegnato dalla città di Terni il Premio San Valentino, nel corso di una cerimonia che si è tenuta nell’area archeologica di Carsulae.
La questione energetica è da anni la più pressante per le acciaierie di Terni che ebbero storicamente il maggiore sviluppo proprio grazie alla produzione, aòa vendita e alle grande disponibilità di utilizzare energia a basso costo.
La nazionalizzazione del comparto elettrico avvenuta negli anni Sessanta del secolo scorso privarono la “Terni-Società per l’Industria e l’Elettricità” – di una notevole fonte di guadagno. Gli indennizzi comprendevano anche e soprattutto la possibilità di tariffe agevolate per qualche decennio, ma alla metà degli anni Novanta questa facilitazione finì. Per essere in qualche modo ristabilita nel quadro degli accordi per un rilancio dell’economia ternana ed umbra. Ma si trattà soprattutto di una boccata di ossigeno che si sapeva limitata nel tempo: l’Ast, allora ThyssenKrupp, ottenne tariffe agevolate sul mercato delle’energia, ma si trattava di “sconti” in décalage per alcuni anni, fino a che il costo divenne quello di mercato.
Fu avviato, in verità, subito dopo l’accordo ed in previsione della fine delle facilitazioni, un dibattito sulla necessità di una nuova fonte energetica: un dibattito defatigante che si svolse attorno alla possibilità di costruire una nuova centrale, sforando i dettati del piano energetico. Fu un balletto di proposte e di confronti serrati sulle dimensioni dell’impianto: 400 megawatt o 800? Tra un dibattito e l’altro, un confronto e l’altro, una proposta e l’altra finì che la centrale è rimasta sui fogli che contenevano i punti dell’accordo raggiunto a suo tempo tra Governo italiano, ThyssenKrupp, Regione Umbria, ed altre Istituzione Pubbliche.
La questione è stata rilanciata con l’acquisizione di Ast da parte del gruppo Arvedi: si è accennato alla realizzazione di una centrale ad idrogeno, ma l’aria non sembra delle più favorevoli. E comunque il discorso è al momento rimandato. Come rimandata è la presentazione del piano industriale che doveva essere pronto dalla Arvedi il primo di luglio. Che piano industriale si può – concretamente – elaborare in un clima così incerto e preoccupante?