
Nel 1921 un consorzio di cooperative legate alla Fiom, l’organizzazione sindacale degli operai metallurgici e meccanici, chiede al Governo Italiano la cessione in gestione di cinque stabilimenti militari che, con la fine della produzione bellica, devono essere riconvertiti. Tra questi la Fabbrica d’Armi di Terni in cui si vorrebbero produrre macchinari per l’agricoltura e materiale ferroviario. L’accordo, arrivato a livelli avanzati, nel 1923 salta e la Fabbrica d’Armi resta stabilimento militare. Per “lo scampato pericolo” si organizza una manifestazione di giubilo con inaugurazione del gagliardetto dei lavoratori dello stabilimento e intervento di deputati fascisti umbri e il segretario delle Corporazioni.