
Troppe chiacchiere sul suo conto e troppi fidanzati. Cosicché Maria F., “formosa giovane di 22 anni”, riferiva il corrispondente da Perugia del Corriere della Sera, quel giorno, il 3 gennaio 1910, decise di farla finita avvelenandosi. Ingoiò due pastiglie di sublimato dopo aver scritto una lettera al fidanzato “ufficiale”, Armando V., dicendosi amareggiata per i troppi pettegolezzi che giravano sul suo conto. La goccia che fece traboccare il vaso fu l’eco assunta da una zuffa che vide protagonisti Armando e un altro giovane, Arnaldo C. che sembra fosse un assiduo corteggiatore della ragazza. Il diverbio era stato violento e si disse che Arnaldo ne fosse uscito malconcio per una coltellata ricevuta da Armando. Ma non fu fatta alcuna denuncia.
Soccorsa in tempo, Maria, fu trasportata all’ospedale di Perugia, però non voleva assolutamente farsi curare, “ma – scriveva il corrispondente perugino – quasi per forza le fu praticata la lavatura dello stomaco. Ora è moribonda”.