L’8 maggio 1924, a Foligno “circa ottanta fascisti riunitisi in assemblea, approvarono con dieci voti contrari e quattro astenuti, un significativo ordine del giorno di sfiducia all’amministrazione comunale”. Il fatto era che l’amministrazione era guidata da una giunta fascista che avrebbe avuto il torto di avere tra i propri componenti anche alcuni non fascisti. Un fatto che suscitò non poco clamore, tanto che fu riferito, con commenti più o meno ironici, da vari quotidiani, quali L’Unità, Il Messaggero, Il Giornale d’Italia e, naturalmente, il settimanale fascista perugino l’Assalto.
La Gazzetta di Foligno, per parte sua, spiegava che erano le conseguenze delle elezioni politiche che s’erano tenute il 6 aprile e che avevano decretato l’affermazione più che netta del partito fascista. Evidentemente chi chiedeva le dimissioni della giunta voleva un potere pieno per i rappresentanti del Pnf. Il sindaco, avvocato Itaci aveva quindi consegnato le proprie dimissioni al prefetto di Perugia che le aveva respinte, sì, ma “ora deciderà il consiglio comunale”, avvertiva la Gazzetta, asserendo che, essendo esso a maggioranza fascista, le dimissioni di Iraci sarebbero state porobabilmente accolte. In questo quadro si tenne l’assemblea che approvò un ordine del giorno in cui si accusava il sindaco, presidente del comitato elettorale fascista, aveva parteggiato per “una dlle due liste nazionali”, andando contro a quella guidata dal segretario politico del fascio folignate, on. Raschi.
Comunque la polemica in qualche modo rientrò e l‘avvocato Iraci continuò a fare il sindaco.
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